Mitologia greca >> Ninfe >> Naiadi >> Lotis
Nome greco
Λωτις
Traslitterazione
Lôtis
Scrittura latina
Lotis
Traduzione
Lotus (lôtis)
LOTIS era una naiade-ninfa di Dryopia o Doris nella Grecia settentrionale che fu trasformata in una pianta di loto mentre fuggiva dal lussurioso inseguimento del dio Priapos. Non è chiaro se la sua pianta fosse il loto d’acqua o l’albero di loto.
PARENTI
Forse una figlia del fiume SPERKHEIOS
ENCYCLOPEDIA
LOTIS, una ninfa, che nella sua fuga dagli abbracci di Priapo fu metamorfizzata in un albero, chiamato da lei Lotis. (Ov. Met. ix. 347, &c.)
Fonte: Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology.
CITAZIONI DELLA LETTERATURA CLASSICA
Ovidio, Fasti 1. 391 ss (trans.Boyle) (poesia romana da C1° a.C. a C1° d.C.) :
“Tu tenevi, Grecia, la festa di Bacco coronato d’uva, celebrata dall’uso ogni terzo inverno. Gli dei che servono Lyaeus anche partecipato e chi non è ostile al gioco, vale a dire Panes e giovani Satyri (Satiri) e dee che infestano ruscelli e solitari selvaggi . Venne anche il vecchio Sileno, su un asino dal dorso ondeggiante, e il terrore dai capelli rossi dei timidi uccelli. Scoprirono un boschetto adatto ai piaceri della festa e si distesero sui divani foderati d’erba. Liber forniva il vino, avevano portato le loro ghirlande, un ruscello dava l’acqua per una frugale mescolanza. Le Naiadi erano lì, alcune con i capelli fluenti non pettinati, altre con ciocche acconciate ad arte… Alcune generano teneri fuochi nei satiri, altre in te, la cui fronte è fasciata di pino. Infiammano anche te, Sileno; la tua lussuria non può essere placata, la libidine non ti permette di invecchiare. Ma il rosso Priapo, gloria e protezione del giardino, cadde vittima soprattutto di Lotis.
La desidera, la vuole, sospira per lei sola; le fa un cenno e la tormenta con segni. Il disprezzo definisce il bello, la bellezza è accompagnata dall’orgoglio: lei lo prende in giro e lo disprezza con i suoi sguardi. Era notte. Il vino induce al sonno e i corpi proni giacciono ovunque, conquistati dal sonno. Lotis riposa più lontano, stanca della festa, nell’erba sotto i rami di un acero. Il suo amante si alza e, trattenendo il respiro, lo segue segretamente e silenziosamente in punta di piedi. Quando ebbe raggiunto il letto appartato della candida Nympha, fece attenzione che il suo respiro fosse silenzioso. E ora era in bilico sull’erba proprio accanto a lei, e ancora lei era piena di un sonno possente. La sua gioia si impenna; le toglie la coperta dai piedi e inizia il felice cammino verso i suoi desideri.
Allora guardate, l’asino, la cavalcatura di Sileno, raglia rumorosamente, ed emette inopportuni soffi dalla sua gola. La Ninfa terrorizzata balza in piedi, respinge Priapo e sveglia tutto il boschetto con la sua fuga. E il dio, la cui parte oscena era fin troppo pronta, fu ridicolizzato da tutti alla luce della luna. L’autore del clamore fu punito con la morte. È una vittima cara al dio dell’Ellesponto.”
Ovidio, Metamorfosi 9. 334 e segg. (trad. Melville) (epica romana dal C1° a.C. al C1° d.C.) :
“C’è un lago i cui lati scoscesi avevano formato una riva inclinata, e i mirti coronavano il crinale. Lì Dryope era venuta, senza sognare il disegno del destino, e, cosa che deve indignare di più, portando ghirlande per le Ninfe. . . Vicino alla riva del lago era fiorito un loto acquatico, i suoi fiori cremisi come la tintura di Tiro, giusta speranza di frutti a venire. Dryope raccolse un mazzo di questi fiori per far piacere al suo ragazzo. Io volevo fare lo stesso (perché ero lì), quando vidi gocce di sangue gocciolare dai fiori dei rami rabbrividire di orrore. Perché questo arbusto, vedete (troppo tardi ci dissero i contadini), era la Ninfa Lotis che fuggì dalla libidine di Priapo e vi trovò tratti mutati ma conservò il suo nome. Di questo mia sorella non sapeva nulla. Aveva detto delle preghiere alle Ninfe e ora, in preda al terrore, cercava di voltarsi e di andarsene, ma trovava i piedi radicati. Lottò per liberarsi, ma non riuscì a muoversi sotto il suo seno. A poco a poco dalla terra proprio intorno alle sue gambe e ai suoi lombi la corteccia si arrampicò e si aggrappò; e, vedendola, cercò di strapparsi i capelli, ma trovò che le foglie le riempivano la mano, le foglie le coprivano tutta la testa.”