La recente morte di Harambe, il gorilla di pianura occidentale ucciso allo zoo di Cincinnati dopo che un bambino di tre anni è caduto nel suo recinto, ha acceso un acceso dibattito sul ruolo degli zoo moderni. Alcuni critici hanno colto la tragedia come un’opportunità per avanzare una narrativa intransigente contro la cattività, in cui tutti gli zoo e gli acquari sono intrinsecamente immorali e crudeli.
Per essere sicuri, ci sono attori cattivi. La nascita dei cosiddetti “zoo su strada” – un’impresa di sfruttamento nota per la sua sistematica negligenza e abuso degli animali – sono alcuni dei casi più eclatanti. Ma le imputazioni ottuse e radicali degli zoo e degli acquari non tengono conto di come le istituzioni etiche arricchiscano e, in ultima analisi, proteggano la vita degli animali, sia nelle cure dell’uomo che nella natura.
Gli zoo e gli acquari responsabili esistono per facilitare e promuovere la conservazione degli animali. E la necessità di campagne di conservazione intensiva è oggi più urgente che mai: Il nostro mondo è attualmente nel mezzo della “sesta estinzione”, un termine coniato da Elizabeth Kolbert nel suo omonimo libro vincitore del premio Pulitzer. A differenza delle cinque estinzioni precedenti, che sono state precipitate da eventi naturali – come quelle che hanno ucciso i dinosauri, sterminando tre quarti di tutte le specie del pianeta – l’attuale estinzione di massa è il risultato delle attività umane che stanno invadendo gli spazi selvaggi.
Gli zoo e gli acquari di oggi sono in una posizione unica per combattere queste minacce in evoluzione. Utilizzando programmi di allevamento robusti e sofisticati, queste istituzioni finanziano e facilitano innumerevoli iniziative per propagare le specie e preservare la biodiversità genetica, per poi reintrodurre in natura le specie gravemente minacciate o estinte. Consideriamo l’orice arabo, una straordinaria razza di antilope della penisola arabica. La specie è stata cacciata fino all’estinzione in natura quasi quattro decenni fa, quando l’ultimo orice arabo selvatico è stato ucciso nel 1972. Lo zoo di Phoenix ha contribuito a guidare i programmi di allevamento e reintroduzione che hanno dato alla luce più di 200 vitelli da soli nove individui. Ora, tra l’Oman e la Giordania, ci sono circa 1.000 orici arabi che vivono allo stato brado.
L’orice arabo – che da allora è stato rimosso dalla lista delle specie in pericolo – non è solo. I programmi di allevamento negli zoo e negli acquari hanno salvato numerose altre specie dall’estinzione, tra cui il bisonte europeo, il lupo rosso e la rana maculata dell’Oregon.
Anche quando gli animali non vengono mai introdotti in natura, metterli sotto la cura dell’uomo può ancora migliorare la vita delle loro controparti selvatiche: Gli zoo e gli acquari moderni servono come base per l’osservazione e la ricerca, che poi aiuta a proteggere gli animali selvatici.
Un esempio convincente è lo studio delle infezioni e delle malattie degli animali, attualmente oggetto di numerosi progetti di ricerca in corso negli zoo di tutto il mondo. La Società Zoologica di Londra, per esempio, sta sviluppando metodi innovativi per valutare il rischio che gli animali contraggano malattie quando vengono reintrodotti in natura. Lo Smithsonian’s National Zoo di Washington sta conducendo sforzi di ricerca globale sul rilevamento e il trattamento dell’herpes virus degli elefanti, a volte mortale, con l’obiettivo finale di sviluppare un vaccino efficace da somministrare alla specie sia negli zoo che nelle popolazioni selvatiche. E lo zoo di San Diego mantiene uno staff di 20 esperti dedicati allo studio del trattamento delle malattie della fauna selvatica che minacciano la conservazione.
Naturalmente, i contributi positivi degli zoo e degli acquari nella conservazione degli animali selvatici non possono – e non dovrebbero – superare la salute e il benessere degli animali che vivono sotto la cura di queste istituzioni. Ecco perché l’American Humane Association sta lanciando un’iniziativa globale per elevare gli standard di benessere degli zoo e degli acquari di tutto il mondo. Il programma Humane Conservation sarà la prima certificazione di terze parti dedicata unicamente a verificare che gli animali che vivono in queste istituzioni siano sani, positivamente sociali, attivi, sicuri e che vivano con livelli di luce, suono, aria e calore adeguati. E questi standard non saranno fissati dagli zoo, ma da un gruppo indipendente di esperti di fama mondiale nel campo della scienza degli animali, del comportamento e dell’etica – un netto distacco dalla maggior parte dei programmi di accreditamento esistenti, che sono vulnerabili alle accuse di conflitto d’interessi e di indulgenza.
Per alcuni detrattori, la certificazione umana di zoo e acquari è un ossimoro. Ma una vasta ricerca empirica e accademica scredita questa visione in bianco e nero. Gli animali negli zoo e negli acquari oggi possono vivere più a lungo, più sani e più ricchi di quanto i loro antenati abbiano mai fatto in natura. Vai a vedere tu stesso.
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