Carriera precoce
Verdi superò la sua disperazione componendo Nabucodonoser (composto 1841, prima rappresentazione 1842; noto come Nabucco), basato sul biblico Nabucodonosor (Nabucodonosor II), anche se la ben nota storia che raccontò più tardi di essere uscito dal suo letargo solo quando il libretto si aprì al coro “Va, pensiero” – a quel tempo una delle sue opere più amate – non è più accreditata. (Il Verdi più anziano ricamò su vari aspetti della sua prima vita, esagerando per esempio la bassezza delle sue origini). Nabucco ebbe un successo clamoroso come Un giorno aveva fallito miseramente, e Verdi a 28 anni divenne il nuovo eroe della musica italiana. L’opera attraversò l’Italia e tutto il mondo dell’opera; nel giro di un decennio era arrivata fino a San Pietroburgo e Buenos Aires, in Argentina. Mentre il suo stile musicale è primitivo per gli standard successivi del compositore, l’energia cruda di Nabucco l’ha mantenuta viva un secolo e mezzo dopo.
Seguì un periodo (1843-49) durante il quale Verdi si spinse come uno schiavo da galera, come lui stesso disse, e a scapito della sua salute, a produrre quasi due opere all’anno. Il suo obiettivo era quello di guadagnare abbastanza soldi per un pensionamento anticipato come agricoltore gentiluomo a Sant’Agata, vicino a Roncole, dove i suoi antenati si erano stabiliti. Acquistò lì dei terreni già nel 1844. Produrre un’opera significava, a quel tempo, negoziare con un impresario, assicurarsi e modificare (spesso pesantemente) un libretto, trovare o approvare i cantanti, comporre la musica, supervisionare le prove, dirigere le prime tre rappresentazioni, trattare con gli editori e altro ancora, il tutto facendo la spola da un capo all’altro dell’Italia nei giorni precedenti le ferrovie.
Anche se era improbabile che da un programma del genere emergessero capolavori, le due opere successive di Verdi ebbero, incredibilmente, lo stesso successo: I Lombardi alla prima crociata (1843) ed Ernani (1844). Quest’ultimo divenne l’unico lavoro del periodo “galeotto” a guadagnarsi un posto fisso nel repertorio operistico mondiale. Le altre sue opere ebbero un’accoglienza variabile. Una lista fatta nel 1844 di possibili soggetti per i libretti mostra l’alta preoccupazione di Verdi per i valori letterari e drammatici. Includeva Re Lear, un progetto che avrebbe ripreso e abbandonato diverse volte negli anni successivi. Negli anni 1840 attinse a Victor Hugo per Ernani, Lord Byron per I due Foscari (1844) e Il corsaro (1848), Friedrich von Schiller per Giovanna d’Arco (1845), I masnadieri (1847) e Luisa Miller (1849), Voltaire per Alzira (1845) e Zacharias Werner per Attila (1846).
Solo con Macbeth (1847), tuttavia, Verdi fu ispirato a creare un’opera tanto avvincente quanto originale e, per molti versi, indipendente dalla tradizione. Come il tema biblico aveva contribuito alla grandezza del Nabucco, così il tema tragico del dramma di Shakespeare fece emergere il meglio di lui. Verdi conosceva il valore di quest’opera e la revisionò nel 1865, eliminando alcune delle sue crudezze; ma il suo numero più grande, la straziante scena del sonnambulismo di Lady Macbeth, poteva essere lasciata proprio come era stata scritta nel 1847.
In quel periodo stava ricevendo lucrative commissioni dall’estero, da Londra (I masnadieri) e Parigi (Jérusalem, una revisione completa de I Lombardi, 1847). La battaglia di Legnano (1849), una storia di amore e gelosia ambientata nel contesto della vittoria della Lega Lombarda su Federico Barbarossa nel 1176, fu la risposta enfatica di Verdi al movimento di unificazione italiana, o Risorgimento, che sfociò in guerra aperta nel 1848, l’anno delle rivoluzioni. Accolta estaticamente all’epoca, quest’opera è poi sfumata.
Si dice spesso che anche nelle opere precedenti i cori e gli altri numeri che invocavano la liberazione o la rivolta venivano presi metaforicamente come grida rivoluzionarie, ed evidentemente ciò avvenne in occasioni isolate. Tuttavia, fu solo dopo l’unificazione del 1861, quando il conte di Cavour, cercando di coinvolgere il maggior numero possibile di italiani importanti, convinse il compositore a candidarsi alla Camera dei Deputati – alla quale partecipò fedelmente ma dalla quale presto si dimise – che Verdi venne ampiamente celebrato come un eroe nazionale. “Va, pensiero”, la canzone degli ebrei schiavizzati nel Nabucco, assunse lo status di inno nazionale non ufficiale. Il fatto che la visione di Verdi come “cantore del Risorgimento” debba meno al fatto storico che alla nostalgia patriottica non deve essere pensato per diminuire il suo significato; adattato a parole sulle masse oppresse, “Va, pensiero” potrebbe ancora essere ascoltato nei raduni comunisti italiani negli anni ’90.