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Come possiamo definire la lettura ravvicinata?

By admin on Marzo 18, 2021

Per cercare termini e concetti rilevanti per lo studio della letteratura – dalla metafora alla decostruzione e oltre – A Glossary of Literary Terms di M. H. Abrams è una risorsa estremamente utile. In esso, troviamo la seguente definizione di close reading: La procedura distintiva di un Nuovo Critico è l’esplicazione, o lettura ravvicinata: l’analisi dettagliata delle complesse interrelazioni e ambiguità (significati multipli) delle componenti verbali e figurative di un’opera” (Abrams 181).

Si noti come Abrams colleghi strettamente la lettura ravvicinata e la Nuova Critica, una pratica diffusa e del tutto giustificata che, tuttavia, aggira il fatto che il lettore ravvicinato “originale”, I. A. Richards, non era un Nuovo Critico ma un devoto a ciò che egli chiamava critica pratica. Si noti inoltre che Abrams usa explication e close reading come sinonimi, il che ha molto senso dato che un equivalente francese di close reading è explication de texte (sebbene il termine francese microlecture – micro-lettura – sia la migliore traduzione di ‘close reading’).

Nel suo libro The Return of the Reader, Elisabeth Freund dà un’altra utile definizione del termine: “La lettura ravvicinata è una modalità di esegesi che presta scrupolosa attenzione alla ricca complessità del significato testuale reso attraverso i dispositivi retorici dell’ironia, dell’ambiguità e del paradosso” (41). La definizione di Freund è particolarmente utile perché nomina tre delle caratteristiche – ironia, ambiguità e paradosso – che la Nuova Critica considera cruciali nel linguaggio letterario (un’altra è la tensione). Forse, però, sono i ricordi del decostruttivista americano Paul de Man dei suoi giorni di assistente all’insegnamento che ci danno la sensazione migliore di cosa significhi chiudere un testo:

Gli studenti non dovevano dire nulla che non fosse derivato dal testo che stavano considerando. Non dovevano fare affermazioni che non potessero sostenere con un uso specifico della lingua che si verificava effettivamente nel testo. Si chiedeva loro, in altre parole, di iniziare a leggere i testi da vicino come testi e di non muoversi subito nel contesto generale dell’esperienza umana o della storia. Molto più umilmente o modestamente, dovevano partire dallo sconcerto che tali svolte singolari di tono, frase e figura erano destinate a produrre in lettori abbastanza attenti da notarle e abbastanza onesti da non nascondere la loro non comprensione dietro lo schermo delle idee ricevute che spesso passa, nell’insegnamento letterario, per conoscenza umanistica. (de Man, qtd. in DuBois 2-3)

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